Origini dell’Aeronautica Italiana

Nei cieli italiani gli aerostati, usati come strumenti militari, avevano già fatto la loro comparsa. L’evento si era verificato nel corso della 2° Guerra d’Indipendenza, la cronaca dell’avvenimento è riportata sul n. 118 del settimanale francese LE MONDE ILLUSTRE’. L’operazione era compiuta dalle truppe francesi che il 5 giugno 1859 avevano fatto alzare una mongolfiera, allo scopo di controllare i movimenti e le posizioni delle truppe austriache nei pressi della omonima fortezza. Il fatto servì a destare curiosità e interesse circa le opportunità che questo mezzo offriva, sia per le informazioni sulla entità e dislocazione di forze avversarie,  che per dirigere i tiri dell’artiglieria. Fu solo a novembre del 1884 che il Ministero della Guerra approvava la costituzione di una “Sezione Aeronautica”, su pressione e richieste di padre Denza e del tenente del genio Pecori Giraldi, quest’ultimo veniva incaricato ufficialmente di tenere i contatti con l’estero,  per seguire sviluppo e progressi dell’attività aeronautica. La sezione aerostatica iniziava ad operare nel 1885 dal Forte Tiburtino a Roma, pur restando in organico al 3° Reggimento Genio di Firenze, inizialmente erano assegnati alla sezione due aerostati di costruzione francese. Nel 1887, quale unità del genio, gli aerostieri della “Compagnia Specialisti d’Africa” partiva per l’Eritrea con il Corpo di Spedizione comandato dal generale Asinari di S. Marzano. Le ascensione furono compiute nei pressi del Forte di Saati, per controllare le mosse degli armati abissini al comando di Ras Alula.Nel 1908 il primo dirigibile di progettazione italiana era completato e gonfiato il 3 ottobre dello stesso anno, giorno in cui il dirigibile “N. 1” effettuava la sua prima ascensione.

 

La guerra di Libia rappresentò una esperienza importante per la nascente attività aeronautica. Vi parteciparono il Parco Aerostatico (2 palloni Draken) e la Sezione aerostatica di segnalazione; l’attività ascensionale iniziava nel novembre del 1911. Fino al termine del conflitto i palloni fornirono un valido contributo alle forze di terra, specie nella correzione dei tiri dell’artiglieria. Mentre l’attività degli aerei si era ancora ai suoi albori, però anche se il numero delle missioni rimase piuttosto contenuto tuttavia anche gli aerei diedero il loro contributo allo svolgimento delle operazioni, nei limiti delle possibilità che quei mezzi consentivano. I piloti però non solo compirono azioni di osservazione e informazione sull’attività del nemico, ma effettuarono anche veri e propri attacchi bombardando truppe e postazioni avversarie. L’esperienza servì, senza dubbio a comprendere meglio, le grandi possibilità di impiego delle nuove macchine, dimostrando che l’aviazione stava ormai diventando una forza armata a sé stante. Il progetto di sviluppo e riordinamento trovò attuazione nella Legge del 27 giugno 1912, andata in vigore il 1° luglio 1912. Era prevista la creazione di 12 squadriglie forti di 7 aerei ciascuna, gli aerei erano i Bleuriot, i Bristol, i Farman ed i Nieuport. Nel frattempo lo sviluppo tecnologico degli aerei aveva fatto passi da gigante. Il numero degli aeroporti, specie nel Nord fu incrementato, nel 1913 il Parlamento fece importanti stanziamenti per sviluppare questa nuova branca delle forze armate.

All’inizio del 1914 il Ministro della Guerra generale Grandi dava nuovo impulso al riordinamento dell’aviazione, fondi furono stanziati per essere distribuiti tra il battaglione specialisti ed il battaglione aviatori. Con il R. Decreto del 7 gennaio 1915 era istituito il “CORPO AERONAUTICO MILITARE” ad esso era data la struttura di arma, con una propria identità anche sul piano amministrativo. Il Comando di Aeronautica comprendeva ora il battaglione squadriglie aviatori, il battaglione scuole aviatori e la Direzione Tecnica dell’Aviazione Militare, oltre ai battaglioni dirigibilisti e aerostieri. Alla vigilia del conflitto, le forze aeree italiane mobilitate dall’Esercito comprendevano 12 squadriglie con 58 velivoli, 5 dirigibili, 3 dirigibili a disposizione della Marina, più sezioni aerostatiche, squadre fotografiche e telefotografiche.  Alla fine della 1° Guerra Mondiale, il bilancio dell’attività svolta e il grado di sviluppo raggiunto erano senza dubbio positivi. All’inizio delle operazioni la consistenza della flotta aerea era di scarsa consistenza, anche perché disponeva solo di aerei lenti e male armati, invece poi fu dato notevole impulso all’attività di progettazione e costruzione delle nostre imprese nazionali, quali ad esempio la Caproni, per non parlare delle ditte costruttrici di motori. Al termine della guerra il Corpo Aeronautico Militare aveva in linea un totale di 1381 aerei dell’esercito e 413 della Marina, per un totale di 1794 aerei di vario tipo, bombardamento, caccia e ricognizione, nonché idrovolanti. (Ministero della Difesa)

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